
Tra qualche secondo sfaterò un falso mito che percorre come un brivido la schiena di genitori e nonni.
Si può fare il bagno al mare dopo aver mangiato senza rischiare la congestione.
Stupiti?
Preoccupati?
Tranquilli: prima di dirvi questa cosa, mi sono documentato adeguatamente.
Il mito della congestione
Sulla spiaggia, dopo mezzogiorno, si vedono eserciti di ragazzini che fremono sotto l’ombrellone aspettando le fatidiche due ore che dovrebbero rendere immuni da qualunque tipo di annegamento.
La tesi popolare è la solita: indipendentemente dalla quantità e qualità del pasto, se ci si immerge subito il sangue, tutto impegnato a far lavorare l’apparato digerente, sarebbe bruscamente deviato verso la periferia degli arti per sopperire allo sbalzo termico e quindi avverrebbe il famigerato blocco.
Vediamo gli errori di questa assurda ma a tutt’oggi gettonatissima tesi.
Innanzitutto, nella letteratura medica, non ci sono cenni o prove relative a blocchi digestivi o congestioni provocati dall’immersione in acqua dopo un pasto.
Non esistono nemmeno prove di annegamenti legati a questo fenomeno.
Voi mi direte che il vostro vicino di ombrellone vi ha raccontato che il cugino del suocero del genero di suo zio conosceva uno che s’è fatto il bagno dopo aver mangiato ed è morto.
Il vero rischio non è il bagno dopo mangiato, ma è, per esempio, l’ingresso in acqua troppo rapido se si è accaldati. Questo provocherebbe uno shock termico con reazioni del sistema nervoso autonomo e conseguente svenimento in acqua.
Congestione ed annegamento
Ora, smontato definitivamente questo tabù che ha relegato per anni i bambini ad attese millenarie sotto gli ombrelli al caldo torrido delle ore più calde della giornata, vediamo le principali cause di annegamento.
SI tratta di dati statistici riferiti al periodo 2005-2009 raccolti ed elaborati dal CDC (Center for disease control and prevention).
Qui trovate la pagina originale.
1. La presenza di una piscina privata in una casa dove ci sono bambini fra 1 a 4 anni.
2. Non aver imparato a nuotare
3. La mancanza di barriere che impediscano ai bambini di accedere alla piscina
4. La mancanza di supervisione costante sui bambini nei luoghi a rischio
5. I comportamenti incauti come fare il bagno in condizioni climatiche avverse (acque agitate) o andare troppo al largo e stancarsi eccessivamente nuotando
6. Il mancato uso di giubbotti di salvataggio sulle imbarcazioni
7. La presenza di epilessia o disturbi neurologici analoghi
Noterete, se sfogliate anche voi l’articolo, che non c’è alcun riferimento al cibo
Congestione sfatata: e ce lo dici solo ora?
I miei lettori ora insorgeranno e mi diranno:”Beh? E tu scrivi questo articolo solo ora, a ferie quasi finite?”
Ci ho pensato a lungo ed ho fatto numerose ricerche per evitare di scrivere inesattezze! E poi, vorrà dire che salverete questo articolo tra i vostri preferiti e l’anno prossimo sarete più tranquilli con i vostri figli!