
Ieri ho fatto il vaccino. Per la precisione, la prima dose di AstraZeneca.
Alla fine l’ho fatto grazie al mio medico di base che, aderendo alla campagna vaccinalee avendo ricevuto la mia adesione, mi ha inserito, in quanto suo paziente, nella sua lista. Prima di giudicare o di far partire la shitstorm, cliccate su questo link dove trovate, almeno per la Regione Lazio, la spiegazione di come il medico di famiglia possa effettuare il vaccino e chi sono i beneficiari.
Ieri ho fatto il vaccino.
In un mese e mezzo…
– ho contattato per un mese la ASL RM2->zero risultati
– ho contattato l’URP della Regione Lazio->la risposta è stata “contatti il suo ordine professionale”
– ho contattato il mio ordine professionale->la risposta è stata “abbiamo inviato gli elenchi alle ASL. Contatti loro”
– ho scritto a giornali e giornalisti (Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera)>nessuna risposta. Manco un predefinito “grazie della sua mail, le faremo sapere noi”
– insieme a migliaia di colleghi e colleghe ho ri-scritto a giornali e giornalisti->ci hanno dedicato tre righe nella cronaca di Roma e basta
– sempre con i colleghi e le colleghe (specifico “colleghe” perchè nell’ambito sanitario la componente femminile è molto presente, ma evidentemente nel mondo delle lotte femministe conta altro) abbiamo scritto a redazioni di trasmissioni tv->zero risposte
Ieri ho fatto il vaccino.
Pur essendo un operatore sanitario, ho ricevuto il vaccino al di fuori della mia categoria professionale.
L’ho ricevuto come cittadino e come paziente di un medico di famiglia.
Nel piano strategico pubblicato a dicembre dello scorso anno, gli operatori sanitari erano tra le categorie prioritarie.
Ma, chissà per quale strano meccanismo, ci sono stati operatori di serie A (che a fine gennaio avevano già completato l’iter vaccinale) e operatori di serie B (costretti a bussare, inutilmente, a porte chiuse)
Eppure, tra gli operatori sanitari senza vaccino, ci sono dentisti, tecnici di laboratorio, psicologi e psicoterapeuti…
Tutti e tutte esclusi forse perchè non abbiamo il collega influencer o la collega che posta la foto strappalacrime.
Ieri ho fatto il vaccino.
Fino a ieri ho continuato a lavorare andando dai miei pazienti a domicilio. Usando mezzi pubblici pieni ben oltre il 50% millantato da amministrazioni locali e nazionali.
Ho comprato (e continuo a comprare) DPI pagandoli di tasca mia. E assicurandomi che fossero DPI certificati e autorizzati e validati (a differenza di decine di parafarmacie che vendono mascherine FFP2 che, però, recano la scritta “NON PER USO MEDICO”).
Ho lavorato rischiando e, allo stesso tempo, confidando che prima o poi lo stato si ricordasse che “operatore sanitario” comprende TUTTI E TUTTE e non solo medici ed infermieri.
E invece, la regione Lazio (che ovunque viene presa ad esempio come virtuosa) ha preso un granchio gigantesco.
Ieri ho fatto il vaccino.
Da tutte le parti si alzano cori che glorificano la Regione Lazio: indubbiamente il Lazio ha dei numeri migliori rispetto ad altre regioni..ma ricorda tanto l’adagio “nel paese dei ciechi, l’orbo diventa sindaco”. È facile dire che il Lazio va alla grande se intorno ci sta il disastro.
Per esperienza personale, ho visto che in un ospedale romano di media grandezza il ritmo vaccinale è di 6/8 persone ogni 25/30 minuti. Che, a occhio e croce, fa 160/180 persone al giorno. Di questo passo, la vaccinazione della maggioranza degli italiani arriverà chissà quando.
Ieri ho fatto il vaccino.
E quindi…ieri ho fatto il vaccino, ma mi sento comunque triste.
Triste perchè vivo in un paese che non è in grado di riconoscere professionalità e competenze.
Triste perchè non c’è stato un giornale nè un giornalista interessato a farsi da portavoce dei diritti di una categoria decisamente numerosa.
Triste perchè, in questi mesi, le persone vicino a me non riuscivano a capire quale fosse la difficoltà. E quando spiegavo la situazione, si finiva sempre con un “dai che prima o poi chiamano anche te”.
Una frase che fa solo arrabbiare.