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Poirot e la pentola a pressione…addominale

Mistero. Enigmi. Veleni. Intrighi.

Niente di tutto questo. L’articolo di oggi non vi svelerà l’inedito capolavoro di Agatha Christie. Anche se in realtà, ci saranno delle rivelazioni da libro giallo!

Ma andiamo per gradi.

La pentola a pressione.

Il nostro addome lo possiamo paragonare ad una pentola a pressione.

La pentola a pressione, infatti, come qualunque altra pentola, è chiusa su tutti i lati e, eccezion fatta per la valvola, durante la cottura non permette nessuna apertura.

Alla stessa maniera, il nostro addome è chiuso su tutti i lati.

Sopra, abbiamo il diaframma toracico. Sotto, il bacino ed il pavimento pelvico. Dietro, le ossa della colonna dorsolombare. Ai lati, la muscolatura addominale.

Il contenuto ed il contenitore dell’addome sono in continua lotta per gestire lo spazio in comune.

La stessa lotta (tra vapore e cibo) che avviene quando bolle il minestrone nella pentola a pressione.

Nella pentola, però, ci stanno le valvole. La prima è quella classica che quando si raggiunge la pressione inizia a fischiare e ci segnala l’inizio della cottura. La seconda è quella di emergenza che, qualora la prima non funzioni, farà in modo di gestire un aumento eccessivo della pressione.

Nel nostro addome le valvole di sicurezza non ci sono, o almeno non così automatiche e visibili.

La pressione addominale deve essere SEMPRE sotto controllo. L’ipertensione addominale (ovvero, l’aumento della pressione all’interno della cavità addominale) infatti, se mantenuta a lungo, crea non pochi problemi.

La pressione addominale aumenta principalmente per due motivi:

– rigidità o eccessiva tensione del contenitore

– eccessiva spinta del contenuto

Praticamente, o la pentola perde l’uso delle valvole o la riempiamo troppo.

Un diaframma toracico che tende a mantenere la posizione di inspiro (quando inspiriamo, il nostro diaframma scende verso il basso) spingerà in modo continuo ed eccessivo i visceri tra di loro.

Un pavimento pelvico che perde funzionalità non sarà in grado di rispondere alle sollecitazioni continue del diaframma toracico.

La muscolatura troppo o troppo poco sviluppata renderà difficile il mantenimento di buoni rapporti di vicinato tra gli organi interni: troppi muscoli rendono rigida la parete addominale, ma muscoli poco tonici la rendono cedevole ed incapace di reagire agli stimoli pressori.

 

E allora? Che fare? Ci buchiamo la pancia e ci mettiamo un paio di valvole?

Direi proprio di no! Cerchiamo una soluzione nell’osteopatia.

 

E in questo caso entra in scena Poirot!

Ho scelto Poirot perchè, nell’immaginario collettivo, rappresenta molto bene il Belgio (potevo scegliere la birra…ma ho preferito non andare sempre sul cibo!) ed è un famoso investigatore, un po’ come altri due importanti belgi: Georges Finet e Christiane Williame.

pressione addominale

Sono due osteopati belgi che da più di 30 anni studiano, in modo scientifico e sistematico, il problema della pressione addominale.

I loro studi, che potete vedere sul sito www.deltadyn.be, sono supportati da evidenze scientifiche che lasciano di sasso.

Ma cosa hanno scoperto Finet e Williame e come lo hanno scoperto?

Partiamo dal come. I nostri due eroi belgi hanno raggruppato un numero cospicuo di persone e hanno iniziato ad analizzare, con radiografie ed ecografie, il movimento degli organi interni sotto la spinta del diaframma toracico. Ed hanno scoperto cose molto interessanti.

Hanno riscontrato perdite notevoli di mobilità di alcuni organi che si riducevano sensibilmente dopo l’applicazione del loro protocollo terapeutico: in pratica, alcuni organi dell’addome che, durante le ecografie e le radiografie, erano quasi immobili, riprendevano la loro mobilità fisiologica dopo l’applicazione delle tecniche osteopatiche.

Hanno visto, attraverso la collaborazione con l’università di Mons, le modificazioni dei tessuti corporei che avvengono quando una struttura viene sottoposta per troppo tempo ad una ipertensione addominale.

Insomma, proprio come Hercule Poirot, Finet e Williame hanno raccolto gli indizi, hanno indagato in modo scientifico, hanno trovato l’assassino (che non sempre è il maggiordomo) e l’hanno assicurato alla giustizia.

In ambito osteopatico, affermare che “l’assassino non sempre è il maggiordomo” significa discolpare da accuse infondate zone o strutture anatomiche che spesso non sono la causa del nostro dolore.

La ricerca di Finet e Williame va avanti e state pur certi che prima o poi acciufferanno altri colpevoli!

 

La gravità del problema o il problema della gravità?

Stufi dei giochi di parole dello scorso articolo?

Stavolta Scrocknroll vi parla di uno dei nemici più cattivi e silenziosi del nostro apparato locomotore e della nostra postura: la forza di gravità.

La forza di gravità costringe le egemonie posturali a variazioni più o meno percettibili ma che nel tempo possono diventare degli ostacoli.

L’enciclopedia Treccani definisce l’egemonia come:”preminenza, supremazia esercitata in qualche settore politico o anche non politico”

A livello posturale, le egemonie principali sono tre:

Mantenimento della Respirazione

Orizzontalità dello sguardo

Organizzazione della postura in condizioni di comfort (Assenza di dolore)

 

Ora ve le spiego meglio

Mantenimento della respirazione: il sistema respiratorio (che oltre a polmoni e trachea comprende ossa, muscoli, legamenti deputati alla respirazione) deve avere una posizione tale che la funzione sia sempre possibile in modo efficace e valido.

Orizzontalità dello sguardo: gli occhi e la visione dovranno essere sempre posizionati in modo da permettere qualunque tipo di attività della vita quotidiana senza eccessivo dispendio di energie

Organizzazione della postura in condizioni di comfort: possiamo riassumere questa egemonia in una frase “massima resa con minima spesa”.

Quindi, l’eterna lotta tra bene e male in questo caso è tra la forza di gravità e le tre egemonie.

Nel corso della nostra vita, veniamo letteralmente “pressati” verso il suolo dalla forza di gravità e il nostro corpo cerca in tutti i modi di contrastare questa pressione.

Un esempio chiaro per tutti?

gravità

C’è stato un famosissimo uomo politico italiano che aveva una curva dorsale mooolto pronunciata…ma il suo problema non era la sua dorsale, ma lo sforzo immane che facevano le vertebre del collo per mantenere orizzontale lo sguardo. Infatti, nelle sue memorie, questo uomo politico parlava spesso di mal di testa e non di mal di schiena!

Volete un esempio più poetico? Vogliamo parlare del classico alberello al quale viene legato il bastone per farlo crescere dritto?

L’alberello non è che cresce storto perchè è un briccone e non vuole bene al contadino…ma cresce storto perchè la forza di gravità lo spinge verso il basso!

FERMI TUTTI! NON PRONUNCIATE LA PAROLA SCOLIOSI! NE PARLEREMO NEI PROSSIMI ARTICOLI!

Torniamo al nostro corpo.

La forza di gravità influenza tutte quelle zone preposte al mantenimento e al controllo della postura: piedi, ginocchia, anche, bacino, colonna vertebrale.

Queste zone, se non vengono adeguatamente stimolate e messe in funzione, attueranno tutta una serie di espedienti per sfuggire alla forza di gravità e la maggior parte di questi espedienti saranno non adeguati!

Un ginocchio valgo, un piede piatto, una lordosi lombare accentuata sono tutte situazioni di “compenso” che il corpo attua.

Le zone di retrazione fasciale (dalle contratture muscolari fino alle famose spine calcaneari), ad esempio, sono punti in cui il tessuto connettivo prova a sfuggire alla forza di gravità attuando tecniche sempre più disperate fin quando il corpo non deciderà di “isolare” certe zone e spostare il compenso altrove.

Che fare allora?

Il modo adeguato di affrontare questa situazione è quello di migliorare la propria postura e l’utilizzo che si fa delle articolazioni. Spesso si incontrano persone che non hanno difetti evidenti eppure soffrono di dolori che si riducono effettuando un miglioramento della loro postura!

 

Buona forza di gravità a tutti e tutte!

 

Attenti ai dischi!

Oggi parliamo di dischi.

Non di quelli in vinile (chi se li ricorda?) e nemmeno di quelli volanti.

Oggi parliamo di dischi intervertebrali.

Nel primo articolo, Scrocknroll aveva cercato di spiegarvi la differenza tra protrusione ed ernia.

Questa volta, invece, vedremo con un esperimento casalingo come funziona normalmente un disco intervertebrale e cosa accade quando viene sottoposto a stress meccanici.

Il disco intervertebrale è compreso, appunto, tra due vertebre.

Nel corso della nostra vita quotidiana il disco riceve e cede liquido interstiziale.

Immaginiamo una spugna che viene schiacciata e rilasciata.

Quando la schiacciamo, la spugna cede acqua.

Quando la rilasciamo, la spugna assorbe acqua.

 

 

Se questo meccanismo avviene in modo fisiologico, il disco (o la spugna, fate voi) mantiene le proprie capacità elastiche e di ammortizzazione.

Ma cosa succede se il disco viene compresso troppo forte e per troppo tempo?

Torniamo sempre alla nostra spugna e immaginiamo cosa succede ad una spugna strizzata e lasciata da una parte per qualche giorno.

La spugna si secca e perde le sue capacità elastiche: si romperà più facilmente, impiegherà più tempo a riassorbire acqua, perderà parte della sua capacità assorbente.

La stessa cosa accade al disco intervertebrale. Se gli stress meccanici e posturali sono eccessivi e prolungati nel tempo, il disco perderà man mano le sue proprietà e sarà più soggetto a danni.

Ora voi mi domanderete:”che cosa dobbiamo fare per evitare che le nostre spugnette intervertebrali si possano rovinare?”

Eccovi un piccolo elenco di modi per evitare uno stress sui dischi:

– cerchiamo di migliorare/variare la nostra postura (sia seduti che in piedi)

– sforziamoci di ridurre il sovrappeso

– facciamo attività fisica con buonsenso

Insomma, con un po’ di buonsenso e un pizzico di buona volontà, i nostri dischi intervertebrali avranno lunga vita.

…e pure le spugnette.