Il dottore. Ovvero: il camice non fa il fisioterapista
Questa è una riflessione che mi frulla in testa da tanto tempo…
Oggi ho deciso di mettere giù qualche pensiero.
Che bella la parola “dottore”. Evoca immediatamente professionalità, precisione, pulizia, esperienza.
O no? Forse evoca anche spocchia, supponenza, superbia e difficoltà nell’ascoltare.
Beh, nel campo medico sono vere entrambe le cose.
Spesso il termine “dottore” viene usato per tenere a distanza le persone. Per creare uno spazio da non superare. E quando non basta il titolo, ci si mette un bel camice ed una bella scrivania. Così lo spazio è ben delimitato.
Da un lato il dottore, avvolto nel camice e protetto dalla scrivania (e magari anche dal monitor del pc). Dall’altro il paziente, con i suoi dolori, le sue radiografie e la paura di disturbare o di importunare.
Purtroppo questa situazione si verifica spesso anche con i fisioterapisti e gli osteopati. C’è una sorta di voglia repressa di essere dottori.
Da quando la riforma universitaria ha trasformato i titoli triennali in lauree, in molti si sono affrettati a rifare biglietti da visita e siti internet ponendo la parola “dottore” in bella mostra.
Ma chi può usare il titolo di dottore?
Il titolo di “dottore” spetta ai laureati che abbiano conseguito una laurea di durata triennale o un diploma universitario della stessa durata (Legge n. 240/2010 art. 17 comma 2 Riforma Gelmini).
Il fisioterapista è a tutti gli effetti un dottore.
La parola “dottore”, quindi, si riferisce al fatto che uno studente abbia terminato i suoi studi triennali e abbia conseguito un titolo.
Non aggiunge professionalità o particolari capacità.
Il laureato di oggi, che pochi minuti dopo la laurea modifica il suo status sui social scrivendo “dottore”, non ha nessuna competenza in più o in meno rispetto a chi conseguiva il titolo 15 o 20 anni fa.
Anche perchè i titoli sono equipollenti…
Ma perchè vi annoio con questi argomenti?
Tutto inizia da un aneddoto di quasi 20 anni fa.
All’epoca lavoravo in una piccola clinica sul litorale pontino. Era il 1998 e all’epoca esistevano i diplomi di fisioterapia.
Non ci si chiamava “dottori”.
Eravamo tutti fisioterapisti.
In questa clinica c’era un collega che tutte le pazienti chiamavano “dottore”. Indossava il camice, mentre molti di noi preferivano la divisa.
Dopo qualche mese, chiesi se questo collega fosse anche laureato in medicina. E mi fu detto che in realtà era dottore in scienze politiche e che dopo la laurea aveva fatto il corso da fisioterapista.
Quindi, in quel caso, la parola “dottore” era giusta. Ma usata in modo confuso.
A distanza di tempo, credo che molti miei colleghi utilizzino la parola “dottore” per salire su di un piedistallo e avere maggior autorità…come se bastasse una parola o un foglio appeso al muro per essere autorevoli o professionali.
Sono 20 anni che ho conseguito il diploma di fisioterapista. E sono fiero di definirlo “diploma” perchè credo che il pezzo di carta sia solo l’inizio del mestiere di riabilitatore.
Qual è il senso dell’articolo di oggi…
Forse nessuno…Non vi ho spiegato nulla di anatomico.
Non ho sfatato bufale o falsi miti.
Non vi ho dato trucchi o idee per salvaguardare la vostra schiena o le vostre ginocchia.
Mi faceva piacere, però, sfatare quest’aura di onnipotenza che talvolta ricopre chi appende qualche foglio al muro, indossa un camice bianco e si fa chiamare dottore.
Concludo con le parole che Alain Bernard, l’osteopata che fondò la scuola EOP di Roma e portò l’osteopatia in Italia, pronunciò in una intervista del 2002.
“L’insegnamento che faccio è una clinica quotidiana e non più un corso teorico dove le teste sono piene ma le mani, purtroppo, molto vuote”