Modestamente, ho della carne che pare viva pe’ quant’è tenera!

Oggi apriamo parafrasando una frase di un capolavoro del cinema italiano degli anni ’70: “Febbre da cavallo”.

E apriamo così perchè parleremo del muscolo psoas: il grande colpevole che finisce sempre sul banco degli imputati ogni volta che si parla di mal di schiena.

Ma cosa c’entra la macelleria con il muscolo psoas?

E soprattutto: perchè ne parliamo in un blog di osteopatia?

Partiamo dall’inizio: ossia dal filetto, la carne più tenera e richiesta.

Nel bovino, il taglio di carne chiamato “filetto” interessa il muscolo grande psoas anteriore fino alla vertebra lombare, vicino al rene. La carne in questione è particolarmente tenera perchè, nei quadrupedi, questo muscolo è poco utilizzato.

Ecco una foto per capire dove sta il filetto

 

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E nell’uomo? Dove sta lo psoas? Che movimenti fa? E perchè è il “colpevole” quando si parla di dolori di schiena?

Lo psoas è un muscolo che origina dalle vertebre lombari (dalla prima alla quarta). Si inserisce sui corpi vertebrali, sulle apofisi trasverse e sui dischi intervertebrali.

Scende verso il basso, passa sotto il legamento inguinale e si inserisce sul piccolo trocantere (sporgenza ossea della parte alta del femore).

Eccolo qui…

 

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Didatticamente, lo psoas ha una doppia funzione: se fa punto fisso sulle vertebre, flette la coscia sull’addome. Se, invece, fa punto fisso sulla coscia flette anteriormente, inclina lateralmente e ruota le vertebre lombari.

In realtà lo psoas fa molte altre cose:

– mantiene in buoni rapporti colonna ed arti inferiori

– al suo interno, decorrono alcuni nervi del plesso lombare, per cui influenza anche alcuni rami nervosi

– funge da “binario” per il rene che, sotto la spinta del movimento diaframmatico, percorre un movimento alto-basso

Ma perchè nel bovino lo psoas è tenerissimo ed invece nell’uomo è uno dei muscoli più contratti e più sottoposti a trattamento?

Il bovino passa la sua esistenza a quattro zampe: al massimo si sdraia. In queste posizioni, lo psoas è quasi sempre rilassato. Anche se dovesse muovere l’articolazione del femore, l’escursione articolare è talmente ridotta che non ha possibilità di essere posto sotto stress.

L’essere umano, invece, 2 milioni di anni fa ha deciso di passare alla posizione eretta. Si sta più comodi, si vede l’orizzonte, si usano le mani e si espone meno superficie corporea al sole cocente della Rift Valley. Inoltre, ci si difende meglio e si va più veloci.

Però.

La posizione eretta ha cambiato rapidamente la funzione dello psoas: da muscolo utilizzato in una deambulazione quadrupede a motore principale della deambulazione bipede.

Quando mi riferisco a milioni di anni fa e dico “rapidamente” mi rendo conto che può sembrare una esagerazione: in realtà, l’evoluzione umana va molto lenta.

Cosa accade quindi al muscolo psoas?

È un muscolo che fa una faticaccia continua, avendo inserzione ed origine su dei segmenti che necessitano continuamente di un compromesso tra stabilità e movimento. Nella deambulazione, ad esempio, lo psoas deve stabilizzare la colonna lombare e permetterne la funzione di ammortizzazione. Contemporaneamente, deve far progredire l’arto inferiore ad ogni passo.

Volete un esempio? Prendete il cintino della serranda e ditegli:”Cintino! Facciamo così: la tua porzione superiore alza la serranda, ma la tua porzione inferiore sta ferma. Ok?”

Il cintino, magicamente munito di parola, vi manderà a quel paese.

Lo psoas non ci manda a quel paese ma, se non lavora nelle condizioni ottimali, inizia a delegare compiti ai vicini di casa. E i vicini di casa dello psoas, che sono molto suscettibili, sono le vertebre, il pube, il femore, l’articolazione sacroiliaca.

Aspettiamoci quindi risentimenti come la lombalgia, i dolori dell’articolazione del femore, alcune forme di pubalgia

E allora? Che suggerisce oggi Scrocknroll?

Lo psoas non ha bisogno di ore ed ore di stretching. E nemmeno di potenziamenti fatti con quintali di pesi e manubri.

Lo psoas che funziona male va rieducato. E lo si rieduca con un approccio alla postura sia statica che dinamica.

Ad esempio, è utile insegnare allo psoas come lavorare in modo armonico e soprattutto è necessario educare gli altri muscoli che si occupano di quella regione a lavorare armonicamente.

Per capire meglio, Francoise Mezieres, la fisioterapista francese che ideò il rivoluzionario approccio alla ginnastica posturale, diceva che ” si ha una buona schiena quando si hanno buoni quadricipiti”.

Inoltre, se immaginiamo il bacino e gli arti inferiori come un portico, capiamo immediatamente come un buon funzionamento delle colonne del portico (gli arti inferiori) influenzano in modo sostanziale la tenuta della trave longitudinale (il bacino)

Continuate a gustarvi il filetto alla brace, ma ricordate che una rieducazione posturale adeguata ed un trattamento osteopatico possono rendere migliore anche il VOSTRO psoas e non solo quello del bovino!

Quando le donne avevano la coda

Sessismo su Scrocknroll? Ma che ci siamo impazziti?

State calme, lettrici! E leggete tutto l’articolo: alla fine vi svelerò perchè ho scelto questo titolo!

Oggi voglio parlarvi degli organi vestigiali…ma prima vi fornisco la definizione del vocabolario Treccani, che chiarisce in modo rapido l’argomento di oggi

 

vestigiale agg. [dall’ingl. vestigial, der. di vestige «vestigio, traccia»]. –

1. In biologia, di organo che in una specie o gruppo di specie è atrofizzato e non funzionale e che, al contrario, permane completamente sviluppato e funzionale in altre specie affini, come, ad esempio, le ossa pelviche che persistono in alcune balene ma che non sono più necessarie in quanto queste ultime hanno perso gli arti posteriori. Anche sinon. di rudimentale, nel sign. biologico.

 

Tutto chiaro? Sicuri?

Vabbè, nel dubbio vado avanti.

Quindi oggi parleremo di organi che un tempo ci servivano ma che adesso non usiamo più.

Partiamo con quello più particolare, ovvero l’organo vomeronasale.

Si tratta di un vero e proprio recettore di odori, ma non quelli normali che recepiamo noi umani. L’organo vomeronasale percepisce i feromoni, ovvero quei messaggeri chimici che trasmettono informazioni tra individui della stessa specie.

Attualmente noi umani percepiamo il profumo dell’arrosto di nonna e la puzza di sudore sull’autobus. Forse qualcuno (ad esempio chi lavora nell’industria cosmetica) percepisce l’aroma di rosa canina all’interno di un bouquet di profumi.

Invece, i nostri amici gatti hanno ancora perfettamente funzionante quest’organo. Tant’è vero che percepiscono i feromoni!

 

E come sappiamo quando un gatto percepisce i feromoni?

Perchè fa così!

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Biri (la gatta turca) che fa il flehmen

 

Il gatto, quando percepisce odori particolari o quando sente i feromoni di altri gatti fa il flehmen, ovvero arriccia il labbro superiore inspirando e permettere così all’organo vomeronasale (che comunica con il palato) di registrare questo nuovo odore.

Quindi, se il vostro gatto fa la faccia schifata quando annusa una pentola in cucina…non vi ha giudicato come se foste dei pessimi cuochi!

(per la cronaca, anche altri mammiferi fanno il flehmen, tra cui il cavallo ed il tapiro..ma sono meno carini e coccolosi dei gatti)

Gli altri due organi di cui parleremo oggi sono la plica semilunare e i muscoli auricolari.

Nel primo caso, è un “rimasuglio” della membrana nittitante, conosciuta anche come terza palpebra. Anche qui, potete vederla in azione se osservate il vostro gatto mentre prende sonno. Vi sembrerà un mostro in agguato ma in realtà è la membrana nittitante che lentamente cala per proteggere l’occhio.

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Safir, il Maine Coon di casa, che si abbiocca con in vista la terza palpebra

 

La stessa membrana la potete vedere anche nei rettili e negli uccelli. E nello squalo. Il quale assume un aspetto decisamente preoccupante, quando gli…cala la palpebra.

E noi? Dove sta la nostra? E, soprattutto, serve a qualcosa?

Serve eccome! Non ha più la funzione di copertura ma serve comunque per mantenere valida la lubrificazione dell’occhio.

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E i muscoli auricolari?

Gli animali sono in grado di ruotare il padiglione auricolare per indirizzarlo verso la sorgente del rumore che li mette in allarme. Inoltre il movimento auricolare migliora la circolazione sanguigna e previene le orecchie dell’animale dal congelamento, in caso di basse temperature.

Noi ce li abbiamo i muscoli auricolari?

Si, peccato che non li usiamo più…

Beh…Scrocknroll li usa e ci mette la faccia per farvi vedere i suoi!

 

 

 

Ma perchè noi esseri umani non abbiamo più sviluppate certe strutture anatomiche?

L’evoluzione ci ha portato a potenziare le “funzioni superiori”.

Per esempio, il pericolo che gli animali percepiscono con gli odori, noi cerchiamo di captarlo dalla situazione che ci circonda.

Non usiamo più la terza palpebra e, se ne abbiamo bisogno, ci mettiamo occhiali protettivi.

E le orecchie? Beh, giriamo la testa o guardiamo nello specchietto retrovisore (artrosi permettendo)

 

Infine, vi spiego perchè ho scelto questo titolo: è un film del 1970 di Pasqaule Festa Campanile con Senta Berger e Giuliano Gemma. In questa pellicola, la donna ha la coda (cosa che meraviglia gli altri uomini primitivi che ne sono privi) ma è anche molto più intelligente di loro!

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la locandina del film dal sito http://speed-cover.org/wp-content/uploads/2013/08/Quano-le-donne-avevano-la-coda-cover-locandina.jpg

 

Poirot e la pentola a pressione…addominale

pressione addominale

Mistero. Enigmi. Veleni. Intrighi.

Niente di tutto questo. L’articolo di oggi non vi svelerà l’inedito capolavoro di Agatha Christie. Anche se in realtà, ci saranno delle rivelazioni da libro giallo!

Ma andiamo per gradi.

La pentola a pressione.

Il nostro addome lo possiamo paragonare ad una pentola a pressione.

La pentola a pressione, infatti, come qualunque altra pentola, è chiusa su tutti i lati e, eccezion fatta per la valvola, durante la cottura non permette nessuna apertura.

Alla stessa maniera, il nostro addome è chiuso su tutti i lati.

Sopra, abbiamo il diaframma toracico. Sotto, il bacino ed il pavimento pelvico. Dietro, le ossa della colonna dorsolombare. Ai lati, la muscolatura addominale.

Il contenuto ed il contenitore dell’addome sono in continua lotta per gestire lo spazio in comune.

La stessa lotta (tra vapore e cibo) che avviene quando bolle il minestrone nella pentola a pressione.

Nella pentola, però, ci stanno le valvole. La prima è quella classica che quando si raggiunge la pressione inizia a fischiare e ci segnala l’inizio della cottura. La seconda è quella di emergenza che, qualora la prima non funzioni, farà in modo di gestire un aumento eccessivo della pressione.

Nel nostro addome le valvole di sicurezza non ci sono, o almeno non così automatiche e visibili.

La pressione addominale deve essere SEMPRE sotto controllo. L’ipertensione addominale (ovvero, l’aumento della pressione all’interno della cavità addominale) infatti, se mantenuta a lungo, crea non pochi problemi.

La pressione addominale aumenta principalmente per due motivi:

– rigidità o eccessiva tensione del contenitore

– eccessiva spinta del contenuto

Praticamente, o la pentola perde l’uso delle valvole o la riempiamo troppo.

Un diaframma toracico che tende a mantenere la posizione di inspiro (quando inspiriamo, il nostro diaframma scende verso il basso) spingerà in modo continuo ed eccessivo i visceri tra di loro.

Un pavimento pelvico che perde funzionalità non sarà in grado di rispondere alle sollecitazioni continue del diaframma toracico.

La muscolatura troppo o troppo poco sviluppata renderà difficile il mantenimento di buoni rapporti di vicinato tra gli organi interni: troppi muscoli rendono rigida la parete addominale, ma muscoli poco tonici la rendono cedevole ed incapace di reagire agli stimoli pressori.

 

E allora? Che fare? Ci buchiamo la pancia e ci mettiamo un paio di valvole?

Direi proprio di no! Cerchiamo una soluzione nell’osteopatia.

 

E in questo caso entra in scena Poirot!

Ho scelto Poirot perchè, nell’immaginario collettivo, rappresenta molto bene il Belgio (potevo scegliere la birra…ma ho preferito non andare sempre sul cibo!) ed è un famoso investigatore, un po’ come altri due importanti belgi: Georges Finet e Christiane Williame.

pressione addominale

Sono due osteopati belgi che da più di 30 anni studiano, in modo scientifico e sistematico, il problema della pressione addominale.

I loro studi, che potete vedere sul sito www.deltadyn.be, sono supportati da evidenze scientifiche che lasciano di sasso.

Ma cosa hanno scoperto Finet e Williame e come lo hanno scoperto?

Partiamo dal come. I nostri due eroi belgi hanno raggruppato un numero cospicuo di persone e hanno iniziato ad analizzare, con radiografie ed ecografie, il movimento degli organi interni sotto la spinta del diaframma toracico. Ed hanno scoperto cose molto interessanti.

Hanno riscontrato perdite notevoli di mobilità di alcuni organi che si riducevano sensibilmente dopo l’applicazione del loro protocollo terapeutico: in pratica, alcuni organi dell’addome che, durante le ecografie e le radiografie, erano quasi immobili, riprendevano la loro mobilità fisiologica dopo l’applicazione delle tecniche osteopatiche.

Hanno visto, attraverso la collaborazione con l’università di Mons, le modificazioni dei tessuti corporei che avvengono quando una struttura viene sottoposta per troppo tempo ad una ipertensione addominale.

Insomma, proprio come Hercule Poirot, Finet e Williame hanno raccolto gli indizi, hanno indagato in modo scientifico, hanno trovato l’assassino (che non sempre è il maggiordomo) e l’hanno assicurato alla giustizia.

In ambito osteopatico, affermare che “l’assassino non sempre è il maggiordomo” significa discolpare da accuse infondate zone o strutture anatomiche che spesso non sono la causa del nostro dolore.

La ricerca di Finet e Williame va avanti e state pur certi che prima o poi acciufferanno altri colpevoli!

 

L’albero, la foresta e la macchia di umido

L’articolo di oggi prende spunto da due riflessioni.

La prima è questa: nel guardare una foresta bisognerebbe essere in grado di apprezzare sia la sua vastità che l’unicità di un albero. (SInceramente non so se è un aforisma o la frase di qualche saggio famoso…se lo scoprite o lo sapete, fatemi un fischio!)

Troppo spesso, invece, concentriamo il nostro sguardo sull’albero e perdiamo la maestosità del bosco. Oppure vediamo la foresta e non ci accorgiamo della bellezza del singolo albero.

La seconda frase è stata scritta da Andrew Taylor Still, fondatore della medicina osteopatica.

Still diceva:”Il compito del medico è di trovare la salute. Chiunque, infatti, è in grado di trovare la malattia

Ma come mai oggi parlo di queste cose?

Perchè durante questo periodo di feste, ho fatto caso ad una cosa: ormai quotidianamente veniamo bombardati da pubblicità che propongono farmaci per lenire ogni tipo di dolore, ma nessuno ci suggerisce di cercare la CAUSA di quel dolore.

Ci sono rimedi per l’acidità di stomaco, per il mal di schiena, per il mal di testa, per i dolori articolari. Ma non c’è nemmeno uno spot o un cartellone pubblicitario che inviti la persona a capire PERCHÈ abbia l’acidità di stomaco, il mal di schiena, il mal di testa o i dolori articolari.

Sembra quasi che l’unica necessità sia far sparire il dolore e non capire perchè sia venuto.

Per farvi un esempio alla Scrocknroll…immaginate di avere una macchia di umido sul soffitto e, invece di salire al piano di sopra per capire se ci sono perdite, vi limitate a dare una mano di vernice. E date la mano di vernice perchè l’unica cosa che volete è che gli amici non vedano quella bruttissima macchia di umido sul soffitto.

La mano di vernice risolve il problema per qualche settimana…poi la macchia di umidità uscirà fuori di nuovo. E se date un’altra mano di vernice, sarà ancora una volta un palliativo.

Fino a quando non si staccherà un pezzo di intonaco ed allora sarete costretti a chiamare urgentemente l’idraulico, il muratore ed il pittore.

 

CI-Robert-Felker_leaking-ceiling_s4x3_lg(l’immagine qui sopra è tratta da diynetwork)

Se riportiamo l’esempio della macchia di umido sul nostro corpo, possiamo capire meglio la cosa.

Se ci viene un dolore alla schiena e ci limitiamo a prendere un analgesico senza indagare, il dolore se ne va. Poi, dopo un mesetto il dolore torna, magari un po’ più forte. E prendiamo due analgesici. E il dolore se ne va, ma stavolta ci impiega qualche giorno. Poi, dopo un annetto, il dolore torna in pompa magna e ci decidiamo ad andare da uno specialista che ci prescriverà analisi, radiografie, visite specialistiche. Tutto ciò comporta soldi e tempo.

Soldi e tempo che potevamo risparmiare se avessimo indagato subito quel doloretto. Che magari si sarebbe risolto modificando la sedia che usiamo in ufficio o migliorando la nostra postura.

Il paragone dell’albero e della foresta è immediato. Ci preoccupiamo del nostro stomaco in fiamme, ma non ci preoccupiamo di COSA HA INNESCATO L’INCENDIO. Prendiamo una compressa per il mal di schiena ma non cerchiamo di capire il motivo per il quale la nostra colonna vertebrale ci da’ così fastidio.

Spesso mi capita di far notare ai miei pazienti piccoli particolari che possono migliorare la situazione generale, o magari che possono spiegare il motivo di alcuni dolori. E sono particolari talvolta ovvi, che non vengono presi in considerazione forse perchè sono troppo ovvi!

E arrivo alla frase di Still.

Lo scopo di chi lavora nell’ambito della salute dovrebbe essere quello di trovare la salute, e non soltanto di identificare la malattia. In un altro modo, potrei dire che tutti sono in grado di notare una protrusione di un disco vertebrale o di diagnosticare una contrattura muscolare. Il vero scopo è quello di far star meglio chi ha una protrusione o una contrattura.

In molte professioni sanitarie il traguardo è dare un nome a quel dolore o a quel fastidio.

Nell’osteopatia, il dolore o il fastidio sono solo l’inizio: la partenza di un percorso il cui unico scopo è la salute ed il benessere di chi si è rivolto a noi!